Critica della proprieta e dello stato by Pierre-Joseph Proudhon

Critica della proprieta e dello stato by Pierre-Joseph Proudhon

autore:Pierre-Joseph Proudhon [Proudhon, Pierre-Joseph]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Abbiamo visto che il comunismo parte dall’idea che l’uomo è un essere fondamentalmente non socievole e cattivo, homo homini lupus; che non ha nessun diritto da esercitare, nessun dovere da compiere verso i suoi simili; che la società sola fa tutto in lui, essa sola gli dà la dignità e fa di lui un essere morale. Non è altro che la decadenza umana posta come principio: cosa che ripugna alla nozione dell’essere e implica contraddizione.

Nel sistema della libertà pura, la dignità del soggetto, che si credeva di salvaguardare con una esagerazione in senso contrario, non è meno sacrificata. Qui l’uomo non ha più né virtù, né giustizia, né moralità, né socialità, poiché l’interesse solo fa tutto in lui, cosa che ripugna alla coscienza che non si lascia ridurre al puro egoismo.

L’idea giuridica sembra dunque, da quest’ultimo punto di vista, soddisfare le più nobili aspirazioni della nostra natura: essa ci proclama degni, socievoli, morali; capaci d’amore, di sacrificio, di virtù; incapaci di conoscere l’odio se non attraverso l’amore, l’avarizia se non attraverso la devozione, la fellonia se non attraverso l’eroismo; e ciò perché essa si aspetta solo dalla nostra coscienza ciò che le altre concezioni impongono alla nostra sottomissione o sollecitano dal nostro interesse.

Per ciò che riguarda la società, metteremo in evidenza delle differenze analoghe.

Nel comunismo, la società, lo Stato, esterno e superiore all’individuo, gode da solo dell’iniziativa; al di fuori di lui nessuna libertà d’azione; tutto si assorbe in un’autorità anonima, autocratica, indiscutibile, la cui provvidenza benevola o vendicativa distribuisce dall’alto, sulle teste prostrate, le punizioni e le ricompense. Non è una cité, una società; è un gregge presieduto da un gerarca, al quale solo, per legge, appartengono la ragione, la libertà e la dignità dell’uomo.

Nel sistema della libertà pura, se fosse possibile ammetterne per un istante la realizzazione, ci sarebbe ancora meno società che nel comunismo. Poiché, da un lato, non si riconosce resistenza collettiva e, dall’altro, si pretende che per mantenere la pace non siano necessarie concessioni reciproche, e che tutto si riduca a un calcolo di interesse, l’azione politica o sociale diviene superflua: non vi è realmente società. È un’agglomerazione di individualità giustapposte, che marciano parallelamente ma senza nulla di organico, senza forza di collettività, dove la cité non ha nulla da fare, dove l’associazione, ridotta a una verifica di conti, è non dico nulla, ma quanto meno illecita.

Perché ci sia società tra creature ragionevoli bisogna che vi sia un ingranaggio delle libertà, una transazione volontaria, un impegno reciproco: cosa che non può farsi senza l’aiuto di un altro principio, il principio mutualista del diritto. La giustizia è commutativa per sua natura e forma; così la società, ben lungi dal poter essere concepita come esistente al di sopra e al di fuori degli individui, come accade nella comunità, deriva solo da essi, risulta dalla loro azione reciproca e dalla loro comune energia: essa ne è l’espressione e la sintesi. Grazie a questo organismo, gli individui, simili per la loro indigenza originale, si specializzano per i loro talenti,



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